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Trento, 2 dicembre 2017
Intervista a Marco Boato (Verdi)
«Chiesi io la norma. MigliorerÀ la qualitÀ della nostra politica»
dal Corriere del Trentino di sabato 2 dicembre 2017

Nel 2013 si spese per far inserire l’equilibrio di genere nel programma della coalizione. Ma ben prima di allora, durante la sua lunga carriera parlamentare, Marco Boato ha cercato di ricomporre lo iato nella rappresentanza. Oggi, riflettendo sulla norma che introduce la doppia preferenza di genere in Trentino, si lascia andare a un sospiro di sollievo. Il risultato, a suo dire, è molteplice: «aumenterà la qualità della politica trentina» e «farà crescere la fiducia» tra le fila delle centinaia di elettori ormai disillusi. Quanto al referendum consultivo, Boato è tranchant: «I consiglieri che lo chiederanno faranno una pessima figura».

Boato, liste al 50% e alternanza di genere in caso di doppia preferenza. Condivide l’impianto della legge?
«Lo condivido pienamente. Finalmente una gran bella notizia dal consiglio provinciale di Trento, che su questo terreno, fino a ieri, era davvero un fanalino di coda sul piano nazionale. Avevo proposto io nel 2013, a nome dei Verdi, di inserire questo obiettivo nel programma del candidato presidente Ugo Rossi e della coalizione del centrosinistra autonomista. E in fase di presentazione alla stampa, Rossi aveva chiesto proprio a me di illustrare la proposta. Finalmente anche il Trentino ha fatto un grande passo avanti per realizzare quanto scritto nell’articolo 47 dello Statuto di autonomia: “Al fine di conseguire l’equilibrio della rappresentanza dei sessi, la legge promuove condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali”. Sarebbe molto bello che anche il Consiglio provinciale di Bolzano facesse altrettanto».

Anche il «Rosatellum bis» introduce il principio dell’alternanza di genere. Su scala provinciale e su scala nazionale come cambieranno le assemblee?
«Ovviamente non è detto che ci sarà, sia a livello nazionale che provinciale, una parità di eletti tra donne e uomini, un risultato che non si può predeterminare per legge, come ha già sancito la Corte costituzionale. Ma non c’è dubbio che ci saranno molte più donne elette».

Più in generale quanto contano, ancora oggi, strumenti come questa legge per stimolare il cambiamento? La minoranza anche ieri ha contestato la «coercizione» delle scelte, argomentando una sorta di paternalismo verso l’elettorato.
«Non c’è nessuna “coercizione” in base alla legge approvata, perché ciascun elettore, se lo vorrà, potrà esprimere anche una sola preferenza, per un uomo o per una donna. È la seconda preferenza eventuale che dovrà essere di genere diverso dalla prima. E bisogna anche ricordare che molti elettori non esprimono neppure preferenze, ma votano la lista. Quanto all’ importanza di questa legge, a proposito di paternalismo, ricordo che quand’ero deputato abbiamo modificato la prima parte della Costituzione, aggiungendo all’articolo 51 questo periodo: “A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. E anche le Regioni e le Province, secondo l’articolo 114 introdotto nel 2001, “costituiscono” la Repubblica».

La legge provinciale non ha raggiunto la maggioranza qualificata, arrivando a 23 voti. Considerata la prossimità con le elezioni provinciali ritiene verosimile che si proceda con referendum confermativo?
«Il referendum confermativo lo possono chiedere, in base all’articolo 47, comma 5, dello Statuto “un cinquantesimo degli elettori o un quinto dei componenti del Consiglio provinciale”. Mi auguro che nessuno prenda questa iniziativa, soprattutto tra i consiglieri di opposizione, che farebbero una pessima figura di fronte alla società civile trentina e soprattutto di fronte alle donne, anche quelle che li avevano votati nel 2013».

La legge aiuterà a promuovere anche la partecipazione?
«È vero che attraversiamo una fase storica assai difficile nel rapporto tra cittadini e istituzioni, ma sono davvero convinto che questa innovazione legislativa a favore della parità di genere possa far crescere la fiducia nel cambiamento e aumentare la partecipazione politica».

 

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